Cioccolato in frigo: sì o no?

tavoletta di cioccolato su scaglie

Fa caldo. Gli irriducibili del cioccolato, sembrano ostinarsi: vogliono mangiarlo anche in estate, poco importa se continua a sciogliersi. Ma – ed è successo più o meno a tutti, ammettiamolo – ideona: perché non mettere il cioccolato in frigo? Più o meno tutti, almeno una volta nella nostra carriera di mangiatori, abbiamo fatto sostare su qualche ripiano improponibile del frigo del cioccolato smangiucchiato, magari anche chiuso male nel suo incarto.

Tra puristi del cioccolato e persone che “basta che mantenga la sua forma, è bbono comunque”, andiamo a vedere se il cioccolato può essere conservato in frigo. Prima di tutto, conoscendo la nostra protagonista da vicino.

La genesi del cioccolato:

Il cioccolato è un prodotto alimentare ottenuto a partire dal cacao tostato e macinato dall’origine davvero antichissima, con ampissima diffusione nelle aree tropicali del globo. La pianta da cui si produce, il cacao (Theobroma cacao), è originaria del Centro-Sud America, ma si produce cioccolato anche nel Sud Est Asiatico e in Africa orientale.

Nel corso dei secoli, il metodo di produzione del cioccolato (tostatura e macinatura) è sempre lo stesso; ad essere state migliorata è stata sicuramente la catena di approvvigionamento e quella di trasformazione, con molte implementazioni tecnologiche che ne hanno favorito la diffusione ad ogni angolo del globo.

Se il cioccolato – dalle lingue dell’America Centrale, xocolatl – nei secoli passati era diffuso come bevanda in Europa (in maniera molto simile al caffè), l’invenzione delle tavolette di cioccolato rivoluzionò completamente il concetto dello stesso.

Nella prima metà dell’Ottocento, ci sono due date che hanno rivoluzionato il cioccolato.

  1. 1828: Il chimico olandese Van Houten scoprì che, aggiungendo sali alcalini ai semi del frutto del cacao, riusciva ad ottenere una polvere facilmente lavorabile. Successivamente, inventò anche un macchinario che separava il burro di cacao dalla polvere di cacao. La nascita della “lavorazione olandese” incide ancora oggi sulle lavorazioni del cioccolato.
  2. Nel 1847 Joseph Fry, inventore britannico, scoprì che aggiungendo burro di cacao fuso alla polvere di cacao poteva ottenere una massa facilmente modellabile. Questa, se solidificata lentamente, si rendeva facilmente trasportabile e quindi commercializzabile: era nata la prima tavoletta di cioccolato ante litteram.

Quante tipologie di fava di cacao sono presenti sul mercato?

Le tipologie di fava di cacao da cui proviene tutto il cioccolato presente sul mercato sono essenzialmente tre: Criollo, Forastero e Trinitario. Il cacao Criollo è il più raro in circolazione; molti cioccolati, invece, provengono da un blend di Forastero e Trinitario. Il cacao ha bisogno di temperature molto umide e calde per svilupparsi a pieno. I frutti del cacao sono detti cabosse e contengono polpe molto molto zuccherine.

Non c’è molto cacao in circolazione, a dispetto di quello che può sembrare. Le filiere sono costantemente coinvolte in accertamenti riguardo la salute dei lavoratori, lo sfruttamento del suolo e l’intera filiera di commercializzazione.

Che tipi di cioccolato troviamo in commercio?

In commercio, esistono svariate tipologie di cioccolato che si differenziano in base agli ingredienti che vi sono contenuti. I più comuni sono:

  • Cioccolato al latte: cacao, burro di cacao, zucchero e latte
  • Cioccolato fondente: cacao, burro di cacao e zucchero

L’etichetta di una tavoletta di cioccolato comune va letta attentamente: gli ingredienti sono posizionati in ordine decrescente. Quindi, troveremo prima l’ingrediente più presente e, andando avanti, quelli contenuti in percentuali minori.

Quindi, un cioccolato di buona qualità avrà come primo ingrediente cacao oppure pasta di cacao; a seguire, burro di cacao, zucchero, aromi vari. Molto spesso, soprattutto nei prodotti di fascia economica, a prevalere è il burro di cacao: questo è un sottoprodotto del cioccolato, privato spesso del suo odore (in gergo, deodorato) e molto utilizzato sia perché altamente ricco in acidi grassi, sia per le sue proprietà che attore protagonista nel temperaraggio del cioccolato (cioè, a precristallizzare il cioccolato per renderlo poi lavorabile).

Il cioccolato non è perfetto: uno dei suoi difetti è l’efflorescenza

Uno dei difetti più conosciuti del cioccolato è l’efflorescenza: vi state chiedendo cos’è? In parole povere, si manifesta con quelle chiazze biancastre che si formano sul nostro cioccolato, spesso quando è aperto da troppo tempo oppure al cambio repentino di temperature: dal troppo freddo al caldo improvviso.

Avete mai provato a dimenticare un uovo di cioccolato e a riprenderlo a giugno? Ecco, è un’esperienza che non vi consigliamo, ma se volete vedere il fenomeno dell’efflorescenza è tutto lì.

Esistono due tipologie di questo fenomeno:

  • Efflorescenza del grasso – dovuta alla presenza del burro di cacao
  • Efflorescenza dello zucchero – dovuta alla presenza degli zuccheri

Nel caso dell’ efflorescenza del grasso vi è una migrazione dei lipidi sulla superficie della tavoletta e vengono influenzati quindi da: temperatura, variazioni di temperatura ed umidità.

È necessario quindi prendere degli accorgimenti: mantenere la temperatura inferire a 18°C e non esporre il prodotto a variazioni di temperatura può prevenire la formazione di efflorescenze anche per un anno. Inoltre, il mantenimento della tavoletta nell’incarto può diminuire notevolmente questo processo.

L’efflorescenza dello zucchero, invece, coinvolge la migrazione degli zuccheri ed è fortemente influenzata dall’umidità. Il processo è semplice: l’acqua presente nell’ambiente solubilizza gli zuccheri sulla superficie della tavoletta e quando questa evapora lo zucchero si ricristallizzerà portando a depositi di zucchero.

Gli effetti dell’efflorescenza sul nostro cioccolato:

All’interno di un frigorifero la temperatura è di circa 4°C, il che rispetta la temperatura di conservazione del cioccolato: questo evita la formazione di efflorescenza di grasso. La sua umidità però è molto elevata e si aggira fra il 30% ed il 50% portandolo quindi ad essere non idoneo alla conservazione del cioccolato.

L’effetto che provoca l’efflorescenza è principalmente visivo ed il cioccolato che ne è affetto è assolutamente commestibile. La sua consistenza ne risulta però compromessa: non avremo certo un cioccolato da degustazione, anche perché spesso nel frigo domestico c’è una commistione di forti odori che andrebbero a compromettere quelli originari del cioccolato.

Quindi, è possibile conservare il cioccolato in frigo?

Il segreto è l’equilibrio tra temperatura e umidità:

Per evitare che il cioccolato si rovini è necessario conservarlo in un luogo con bassa umidità ed ad una temperatura stabile ed inferiore ai 18°C. Va da sé, quindi, che durante il periodo estivo il consumo di cioccolato a temperatura ottimale sia difficile da ottenere.

C’è però un grosso ma a tutta la faccenda: l’efflorescenza del grasso, spesso, è data da una cattiva lavorazione a monte del cioccolato. Questo significa che molto spesso, quando la nostra tavoletta presenta l’effetto “fat blooming”, molto probabilmente è stata temperata ad una temperatura molto fredda, che ha permesso soltanto una falsa precristallizzazione, rendendo il nostro cioccolato instabile e suscettibile di questi cambiamenti.

Facile intuire che un frigo domestico possa avere notevoli difficoltà dovute al fatto di non riuscire a mantenere un ambiente fresco e in assenza di condensa, senza considerare, poi, il fatto che spesso il frigo di casa è in condivisione con altri mille cibi. Questi, possono conferire al cioccolato sentori sgradevoli, vista la capacità di “catturare” odori delle nostre tavolette.

Questo piccolo approfondimento sul cioccolato in estate ci insegna una cosa: è importantissimo, anche in questo caso, saper leggere l’etichetta prima di comprarlo!

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