Come_si_fa_la_mozzarella_caseificio_jemma

Come si fa la mozzarella? Te lo diciamo noi!

La mozzarella è un prodotto che può essere ottenuto in vari modi: sia in maniera meccanica, grazie all’ausilio di macchinari, che manuale. E la mozzarella si può fare anche in casa. Bastano delle conoscenze di chimica elementare, un po’ di attrezzatura e tanta pulizia.

E se vi dicessi che la mozzarella – sì, proprio lei – la possiamo fare anche a casa? Basta poco, con le dovute accortezze.

Le mozzarelle: al plurale, perché sono profondamente diverse tra loro.

Da un punto di vista tecnico, la mozzarella è una pasta filata: la stessa famiglia di provoloni, caciocavalli e scamorze. Le paste filate più ambite e famose sono realizzate a partire da latte di vacca o bufala, ma esistono prodotti con latte ovino, come la Vastedda, tipica della Valle del Belice. 

La mozzarella sicuramente è il più celebre e venduto esempio di questa categoria, che a sua volta vanta diverse variazioni sul tema, dai prodotti a minor contenuto d’acqua, come i pizza-cheese, a quelle farcite. Abbiamo esempi di mozzarelle foodporn (ripiene di pistacchio, ad esempio…) ma anche curiosi e riusciti esperimenti come la mozzarella ripiena con olio extravergine d’oliva.

Identikit della mozzarella

Posando l’attenzione sulla declinazione classica di mozzarella (quindi, da latte di bufala oppure di vacca o ancora mista), è facile notare come tra di esse ci sia una marea infinita di caratteristiche eterogenee. 

Questo accade perché ogni caseificio interpreta il processo di produzione, calibrandolo al netto delle possibilità offerte dal proprio livello tecnologico, dall’impiego economico del processo (e relativa resa) e della sua ripetibilità nel tempo. 

Anche all’interno della mozzarella di bufala campana DOP il disciplinare viene interpretato e declinato, di caseificio in caseificio, secondo le richieste del mercato, la propria idea di mozzarella e la propria capacità produttiva.

Il processo produttivo è essenziale per comprendere cos’è una mozzarella

Tutte le paste filate hanno in comune una fase del processo produttivo che è caratteristico della categoria: tra la fase di coagulazione e quella di formatura si passa per la filatura, resa possibile dalla preventiva acidificazione e demineralizzazione della massa cagliata. 

Prima fase del processo produttivo. Come si abbassa il pH della massa cagliata, base della mozzarella?

Per abbassare il pH, possiamo agire seguendo due strade diverse: 

  • l’acidificazione diretta, tramite ad esempio l’utilizzo di acido citrico;
  • l’acidificazione indiretta, tramite batteri che fermentano il lattosio.

Pensiamo alla mozzarella ed al suo processo produttivo: sicuramente, si affollano nella nostra memoria scene di filatura del prodotto e della sua mozzatura. Sono le parti più “scenografiche” del procedimento, ma per giungere ad esse si deve passare necessariamente per l’acidificazione. Sicuramente, è meno emozionante delle scene di cui prima, ma indispensabile.

L’acidificazione deve accadere affinché la massa possa essere lavorata.

Questa parte di processo può essere provocata n vari modi: si può lasciare la cagliata sul banco di lavoro, all’aria, oppure sotto siero (o acqua), restando comunque a temperatura costante.

Acidificazione diretta e indiretta:

L’acidificazione diretta, attraverso acido citrico, velocizza di molto la produzione della mozzarella: il risultato però può apparire abbastanza “piatto”, quasi banale, con note sensoriali poco intense.


L’acidificazione indiretta, attraverso gli speciali termofori omofermentati, dà risultati molto interessanti. Ci sono alcuni che ottengono i batteri necessari anche attraverso la fermentazione del proprio latte, ma sono processi ancor più laboriosi e singolari.
I termofori omofermentati più comuni da utilizzare sono lo Streptococcus termophilus e Lactobacillus bulgaricus.

Mozzarella: è una questione di pH. Come la facciamo a casa?

I più arditi tra di voi potrebbero essere curiosi di riprodurre la mozzarella a casa: non vi stupite, perché il procedimento è molto semplice, anche solo per sperimentare le vostre capacità.
La prima cosa da capire è che abbiamo un pH obiettivo da raggiungere.

Come facciamo a raggiungere un pH corretto per la preparazione della mozzarella?

Prendiamo ad esempio il latte vaccino, reperibile ovunque in Italia. A livello casalingo, ovviamente, non possiamo controllare tutte le caratteristiche del latte. Però, com’è intuibile, non possiamo utilizzare latte UHT: questa tipologia di latte ultrapastorizzato non ci darebbe una cagliata abbastanza solida, perché povero di grassi.

Il pH corretto è 5,1/5,0. Vediamo perché:

Per questo latte, il pH da raggiungere 5,1/5,0. Ad un pH superiore non riusciremmo a filare il prodotto e ad uno inferiore perderemmo elasticità per eccessiva demineralizzazione. Risulta quindi molto importante raggiungere questa soglia e successivamente bloccare la fermentazione per evitare che il valore continui a scendere. I termofori che stiamo utilizzando lavorano a temperature alte, quindi per bloccare la fermentazione dovremo immergere il “blocco” in acqua fredda.

Il momento è arrivato: segui questi passaggi per fare la tua mozzarella a casa!

Vediamo prima tutto il processo, poi ci ragioneremo insieme. Teniamo a precisare che questo procedimento è puramente illustrativo e non consiste, di per sé, una ricetta. Casomai voleste cimentarvi una autoproduzione di mozzarella casalinga (cosa che è possibile fare), tenete sempre presenti le norme di igiene e sicurezza alimentare, anche perché andiamo ad utilizzare elementi molto deteriorabili quali il latte che, se gestito male nella fermentazione batterica, diventa un ricettacolo di problemi.

Le tempistiche e le operazioni da seguire per fare la mozzarella in casa sono:


00:00 latte in caldaia a 38°C e aggiungo i fermenti;

00:40 latte a 38°C e aggiungo il caglio;

01:05 primo taglio della cagliata in cubi 4x4x4;

01:15 secondo taglio a dimensione di una nocciola;

01:20 sosta sotto siero;

04:50 blocco della fermentazione, filatura e formatura.

Le strumentazioni di cui hai bisogno per preparare la mozzarella a casa tua:

  • Una caldaia da cucina;
  • una bacinella altrettanto capiente;
  • un contenitore per alimenti in polipropilene (o materiale simile che tenga stabile la temperatura);
  • i fermenti sopracitati;
  • il caglio animale;
  • un termometro;
  • un mestolo lungo (o bastone) di metallo.

Le tempistiche dalla sosta sotto siero in poi sono indicative, come al solito non sarà propriamente il tempo il nostro punto di riferimento ma il pH e l’elasticità della pasta.

Come si prepara il caglio?

Per quanto riguarda il caglio (reperibile più o meno ovunque, anche online) utilizziamo un liquido di vitello 1:10000 al 75% di chimosina; dando delle quantità, sarebbero 2,5 mL per 10 litri di latte.
Queste dosi dovrebbero farci raggiungere un obiettivo: una cagliata dalla consistenza asciutta, che al taglio risulti netta. I due tagli della cagliata hanno bisogno di delicatezza, onde evitare una resa di prodotto finito sensibilmente inferiore a ciò che potremmo ottenere.

L’acidificazione della massa è il vero fulcro della questione, la si può raggiungere tenendo la cagliata sotto acqua a 40°C. 

Pongo la caldaia all’interno di un contenitore per alimenti in polistirene per mantenere la temperatura costante, i batteri termofili si attivano a nostro favore se li mettiamo in condizione idonea. 

A circa 3 ore dall’inizio di questa fase, partiamo con la prima prova di filatura:

Come approcciare alle prove di filatura?

Si preleva un piccolo pezzo di cagliata della dimensione di una nocciola e lo immergo in acqua a 90°C, lo si lavora con un cucchiaio per qualche istante. Dopodiché, estraggo la piccola massa e provo a maneggiarla per vedere “se fila”. Se l’obiettivo è raggiunto, la fermentazione deve essere bloccata, immergendo tutto in acqua fredda (ecco a cosa serviva la bacinella capiente!)

Il gioco si fa sempre più intenso:

Prelevo la cagliata, la taglio in grosse fette e a distanza di circa 15 minuti dal primo taglio procedo ulteriormente a tagliarla in strisce, ora è pronta per la filatura. Comincio col preriscaldare la pasta aggiungendo qualche mestolata di acqua a 55°C, è una fase da non sottovalutare, soprattutto se si fila a temperature alte, come faccio io (si potrebbe filare anche a temperature più modeste in funzione del contenuto in acqua e percentuale di grasso). Andare direttamente con acqua a 85/90° C farebbe scottare la pasta e la renderebbe poco gustosa per i nostri canoni.

A questo punto comincio ad aggiungere l’acqua di filatura, preventivamente salata al 2,5%, a 85°C. Utilizzo complessivamente una quantità d’acqua che è circa 3 volte il peso della pasta da filare. 

Con una spatola lavoro la pasta fino ad ottenere una massa lucida, omogenea e filante. A questo punto posso cominciare con la formatura a mano, quindi consiglio vivamente di tenere accanto una bacinella con acqua e ghiaccio dove immergere le mani spesso e volentieri.

Via via che formo le mozzarelle le lascio cadere in acqua fredda dove si rassoderanno e si raffredderanno. Una buona alternativa alla mozzatura, che potrebbe non risultare facilissima, sono i nodini: allungo una porzione di pasta e appunto creo un nodo.

Avendo salato l’acqua di filatura non dobbiamo ulteriormente salare. Il liquido di governo nel quale terremo le nostre mozzarelle dovrà essere mantenuto a temperature abbastanza basse, dai 4°C ai 6°C, leggermente salato e, come avevamo visto per le salamoie, allo stesso pH del formaggio, dunque occorrerà correggere il liquido utilizzando il siero che è avanzato dalla lavorazione.

Bene, a questo punto hai tutte le informazioni a portata di mano per fare la mozzarella a casa tua. Buon divertimento, ma ricorda: stai sempre molto attento ai prodotti che fai in casa. La sicurezza alimentare viene al primo posto. Se non ha un aspetto conforme a come dovrebbe essere, o ancora emana cattivi odori, metti via e riprova!

[Crediti | Foto in Evidenza: Pagina Facebook Caseificio Jemma]

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